lunedì 23 marzo 2009
INGRID BERGMAN
Attrice svedese. Volto di una intensa e pacata bellezza, occhi che sanno esprimere amore in ogni fotogramma, grande interprete sia di ruoli leggeri da commedia sia di densi personaggi drammatici, subito nota come «il più illustre regalo della Svezia a Hollywood», rimane orfana da bambina, ma grazie a uno zio può frequentare la scuola d’arte drammatica del Teatro reale di Stoccolma e debutta nel cinema nel 1935 interpretando ben cinque film in un solo anno. Notata nel ruolo della violinista in Intermezzo (1936) di G. Molander dal tycoon D.O. Selznick, che vede in lei «una straordinaria qualità di purezza e nobiltà e una personalità di star molto rara», è invitata a Hollywood, dove nel 1939 debutta nello stesso ruolo nel remake del film a opera di G. Ratoff. Il film non è un grande successo, ma la sua grazia e la sua bravura colpiscono il pubblico e nel giro di pochi anni diviene una star di prima grandezza, specializzandosi (a parte il ruolo di prostituta, da lei stessa richiesto, in Il dottor Jekyll e Mr. Hyde, 1941, di V. Fleming) in ruoli romantici che interpreta con grande partecipazione e intensità. Dall’appassionata Ilsa, che rinuncia al grande amore per i suoi doveri di moglie di un eroe, nel celeberrimo Casablanca (1942) di M. Curtiz, all’eroina orfana che lotta per la causa repubblicana in Per chi suona la campana (1943) di S. Wood, dalla patetica Paula, costretta a improvvisarsi detective per scoprire le indegne trame del marito in Angoscia (1944) di G. Cukor, alla adorante psicologa-infermiera di Io ti salverò (1945), all’innocente e languida spia di Notorious - L’amante perduta (1946), ambedue di A. Hitchcock, nel giro di pochi anni dà vita a una serie di convincenti ritratti di donne innamorate, in successi internazionali che sono ancora oggi film di culto, guadagnandosi un paio di nomination e un Oscar (per Angoscia). All’apice del successo, interpreta i meno convincenti Giovanna d’Arco (1948) di V. Fleming e Il peccato di Lady Considine (1949) di Hitchcock, prima che la sua vita e la sua carriera affrontino una grande svolta con l’incontro di R. Rossellini che, a livello professionale, lei stessa sollecita dopo aver visto Roma città aperta (1945); ma di cui, forse, non prevede le sconvolgenti conseguenze nella vita privata. Durante le riprese di Stromboli terra di Dio (1949), dove è una straniera alle prese con la natura selvaggia e i ruvidi pescatori dell’isola, di cui non capisce la lingua, s’innamora di Rossellini e, con enorme scandalo, nel 1950 dà alla luce Robertino. Il conseguente divorzio dal marito P. Lindstrom (sposato nel ’37), cui è costretta a lasciare la figlia Pia, e il successivo matrimonio messicano con il regista non bastano a scalfire l’indignazione di Hollywood e di tutto il pubblico statunitense, che le decretano l’ostracismo per sette anni. Nel breve periodo del matrimonio con Rossellini dà alla luce le gemelle Isabella e Isotta (1952) e, oltre all’episodio di Siamo donne (1953) in cui è sé stessa, interpreta altri quattro film: Europa 51 (1952), in cui è una donna borghese che la perdita di un figlio trasforma in una benefattrice sociale; Viaggio in Italia (1953), opera che – come scrive Godard – anticipa il tema dell’incomunicabilità di Antonioni e in cui mette a repentaglio il suo rapporto con il marito per essersi rifiutata di portare a termine una gravidanza; Giovanna d’Arco al rogo (1954), in cui è la pulzella d’Orléans vestita solo di un sacco di juta, e il poco fortunato La paura (1954, realizzato in Germania). Concluso il rapporto con Rossellini, torna ai personaggi che le avevano regalato il grande successo internazionale: nel 1956, con Eliana e gli uomini di J. Renoir e Anastasia di A. Litvak, per la cui interpretazione vince il suo secondo Oscar; e nel 1958 la gradevole commedia sofisticata Indiscreto, in cui è un’attrice di fama ingannata da uno scapolo impenitente (C. Grant), che per non sposarsi le fa credere di essere già sposato. Nella vita, al contrario, si risposa nello stesso anno, con il connazionale L. Schmidt, produttore teatrale. In seguito, si dedica con grande successo al teatro, forse anche perché (con la parziale eccezione di Le piace Brahms?, 1961, di A. Litvak) i pur numerosi nuovi ruoli che il cinema le offre negli anni ’60 non sono particolarmente stimolanti (Una Rolls-Royce gialla, 1964, di A. Asquith; Fiore di cactus, 1969, di G. Saks). Nel 1974, nonostante abbia scoperto di avere un tumore al seno, conquista il suo terzo Oscar con Assassinio sull’Orient-Express di S. Lumet e nel 1978, diretta dal grande connazionale I. Bergman, mostra tutta la maturità del suo grande talento drammatico, ricco di sfumature e nuances recitative, in Sinfonia d’autunno, offrendo il sofferto ritratto di una madre che ha sacrificato l’amore per i figli alla carriera di pianista. Nel 1980 pubblica un’autobiografia e nel 1982, poco prima di morire (per le complicazioni di un’operazione al seno), si trasforma straordinariamente in una donna bassa e tarchiata per offrire un ritratto convincente della dura statista israeliana Golda Meir in una mini serie televisiva.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento