martedì 31 marzo 2009

STEVE MCQUEEN

Tornerà mai l'immagine di un nuovo divo eccessivo, barocco e visionario come lui? Un personaggio più mistico che mitico che fra una storia d'amore (se amore si poteva parlare) e l'altra, e fra un film e un giro in moto, si è reso immortale agli occhi del mondo? No. Steve McQueen è unico. E il destino non gioca mai la stessa carta, neanche se è di un altro colore.Era nato a Indianapolis, la patria delle corse automobilistiche. Il padre era sparito immediatamente dopo aver messo incinta la madre. A lei era toccato il duro compito di prendersi cura di un figlio non voluto e per di più da sola. Pur di sopravvivere, la donna aveva fatto la spola fra la città dove viveva e la zona agricola e integralista di Slater, nel Missouri, dove abitava la sua famiglia di origine, fra cui suo fratello, proprietario di una fattoria. Il piccolo Steve non fu l'unico uomo nella vita della madre; la donna, per non sentirsi sola, passava molto tempo in compagnia del sesso forte, ma nessuno di loro aveva la minima voglia di diventare il padre di Steve, così prendevano e passavano. Poi arrivò il nuovo marito. Suo figlio avrebbe avuto un padre! Ops, pardon: un patrigno. Ovviamente, come in tutte le fiabe che si rispetti, il patrigno non era affatto gentile con Steve, vuoi per il carattere del piccolo abbastanza esuberante, tanto da lasciare la scuola prima di finire le elementari, vuoi perché non era suo figlio. Così Steve passa le su giornate per strada, appassionandosi alle moto (verrà espulso dal Carnegie Institute of Technology per averne guidato una nei corridoi del College of Fine Arts) e ai furti. Sarà per la sottrazione di borchie d'auto che finirà in un riformatorio di Chino (un sobborgo orientale di Los Angeles) per giovani delinquenti e disadattati, perdendo il suo nome e diventando il numero di matricola 3188. Aveva 15 anni e vi trascorse ben 14 mesi. Tentò di scappare da quella prigione per ben 5 volte, le grandi fughe erano già nei suoi pensieri. Scontata la pena e finalmente libero, accettò l'invito della madre, ormai vedova, di trasferirsi da lei a New York. Ma quando vide la stamberga dove avrebbe dovuto abitare, pensò che in fondo in fondo era meglio tornare a Chino. E con i pochi soldi in tasca si cercò un appartamento tutto suo (lo trovò a 19 dollari al mese), girando le spalle alla prima donna della sua vita. Non avrebbe mai più voluto rivederla.Per rimanere a galla in quel terribile mondo, fece mille lavoretti: da marinaio della marina mercantile (lasciò la nave due settimane dopo, a Santo Domingo) a giocatore di poker professionista, da meccanico a scaricatore di porto, fino ad arruolarsi nei Marines, dove rimase per 3 anni dal 1947 al 1950. Sceso a terra, continuò a guadagnare stipendi da morto di fame come taxista, piastrellista, ciabattino e fattorino in un bordello, mestieri che lo spinsero dal desolato Texas al più florido Canada, fino a ritornare a New York, dove approdò per caso al cinema. L'esordio sul grande schermo avvenne in un piccolo ruolo non accreditato nella pellicola Girl on the Run (1953) di Arthur J. Beckhard e Joseph Lee. Conquistato dalla magia del cinematografo decide di mettere ordine nella sua vita e per due anni frequenta la Neighborhood Playhouse, pagando la retta scolastica con lo stipendio che prendeva come autista di un furgone postale. Fino alle 3 di ogni notte era a lavoro, eppure la mattina era in classe, puntuale come un orologio svizzero. Fra 2000 attori, lui e Martin Landau furono gli unici a essere accettati, nel 1955, all'Actor's Studio di Lee Strasberg e una volta conclusi gli studi, cominciò una lunga gavetta televisiva, alternata alla recitazione nel palcoscenico di Broadway ("Un cappello pieno di pioggia"). Dopo un piccolo flirt con la ben più matura Mae West, si sposa con l'attrice Neile Adams il 2 novembre 1956. Da lei avrà gli attori Chad e Terry McQueen, ma poi la coppia divorzierà il 26 aprile del 1972: Steve è lunatico, talvolta violento, dipendente dal sesso e anche se è un adorabile padre, come marito è un vero stronzo, motivo che spinge la Adams a dire basta.Scelto da Robert Wise per affiancare Paul Newman (con il quale si accenderà una lunga rivalità professionale) in Lassù qualcuno mi ama (1956), passa poi all'horror da drive-in in Fluido mortale (1958), ma nonostante questi classici del cinema statunitense, gran parte della usa popolarità verrà data dal ruolo di protagonista della serie Wanted: Dead or Alive. Originariamente non doveva neanche prendere parte a Sacro e profano (1959) di John Sturges, al suo posto doveva esserci Sammy Davis Jr, ma l'amicizia fra l'attore di colore e Frank Sinatra (protagonista del suddetto film) si ruppe dopo un intervento del primo alla radio, dove affermava di essere molto più bravo di "The Voice" nel canto. Ricolmo d'ira per una simile eresia, Sinatra chiese all'attore (e ormai ex amico) di lasciare il set e scelse al suo posto un acerbo McQueen che simbolicamente riempì quel vuoto fra la generazione di attori del Rat Pack e quella dell'Actor's Studio. Sturges, colpito dalla grinta del giovane attore, lo sceglierà anche per il cult western I magnifici sette (1960), poi McQueen tornerà al tubo catodico, recitando in due episodi della serie Alfred Hitichcock presenta…. Negli anni Sessanta, minacciò pubblicamente Howard Hughes se non avesse smesso di molestare Mamie Van Dorenche aveva avuto una relazione con entrambi, ma in tempi diversi. Inutile dire che l'avvertimento di avere il naso rotto convinse Hughes, che non si avvicinò mai più alla Van Doren.Per favore non toccate le palline (1961), L'inferno è per gli eroi (1962), ma soprattutto Strano incontro(1963) fanno esplodere la popolarità di Steve McQueen che si guadagnerà, proprio grazie a quest'ultimo film, la nomination ai Golden Globe come miglior attore protagonista per il ruolo di un giovane musicista che sta per diventare padre. Sul set incontra anche la bella Natalie Wood ed è inutile dire che proprio il set non fu l'unico luogo dove i due si incontrarono! Lo stesso anno, recita in quella che è considerata la sua miglior pellicola: La grande fuga (1963), sempre per la regia di Sturges, storia di un gruppo di prigionieri anglo-americani in un campo nazista che organizzano un'evasione sotterranea. Entra così nella storia del cinema mondiale e a confermarne il meritevole posto arrivano registi DOC come Norman Jewison, Robert Mulligan e ancora una volta Wise che con Quelli della "San Pablo" (1966) offre al bravo Steve McQueen l'occasione di compere nella categoria dei migliori attori protagonisti in lizza per l'Oscar e il Golden Globe, che però non vinse. Ma Oscar o non Oscar, a McQueen non gliene fregava molto… Nonostante l'aria da duro, aveva un cuore tenero, per esempio, in occasione di alcuni film pretese dalla produzione la fornitura di 10 rasoi elettrici e svariate dozzine di blue jeans. In seguito si scoprì che aveva spedito la merce al riformatorio di Chino dove aveva trascorso una piccola parte della sua vita.Dopo essere stato diretto dal grandissimo Henry Hathaway in Nevada Smith (1966), sparò al cuore delle donne interpretando il ladro gentiluomo ne Il caso Thomas Crown (1968) di Norman Jewison, aggiudicandosi un'altra nomination ai Golden Globe come miglior attore in una commedia in Boon il saccheggiatore (1969) di Mark Rydell, ma rifiutandosi di dividere il set con Paul Newman in Butch Cassidy (1969): lo scontro fra titani era solo rimandato. Scampò per miracolo alla strage satanica che Charles Manson fece durante la cena hollywoodiana in casa Polanski (uccidendo la gravida moglie del regista polacco Sharon Tate), solo perché all'ultimo minuto rinunciò all'invito per un incontro (più che galante… carnale!) con una ragazza appena conosciuta, finendo così sulla lista nera della setta e da allora cominciò a girare armato.Idolo di Sam Peckinpah, venne diretto da questi ne L'ultimo buscadero (1972) e nel bellissimo Getaway! (1972, sul quale set trovò forse il più grande amore della sua vita, la moglie attrice Ali MacGraw dalla quale poi divorziò), divenne cintura nera di karate grazie a Pat. E. Johnson, allenandosi assieme a Chuck Norris, che divenne un suo grande amico e che lo fece conoscere anche a Bruce Lee. I tre in effetti divennero inseparabili e quando la star cinese morì, fu McQueen a portare in spalla la bara. Papillon (1973) di Franklin J. Schaffner gli fece guadagnare l'ennesima nomination ai Golden Globe come miglior attore e poi finalmente si ritrovò nello stesso set con l'arcinemico Newman nel catastrofico L'inferno di cristallo (1974) di John Guillermin. Nessuno dei due però uscì vincitore dalla sfida. Rifiutati piccoli cult come Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975), Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), Blitz nell'Oceano (1980) e soprattutto il sequel de L'inferno di cristallo, McQueen aveva in mente solo l'idea di interpretare una pellicola dove lui interpretava una guardia del corpo, che però trovò la luce solo nel 1992, quando Kevin Costner interpretò Guardia del corpo accanto a Whitney Houston. Presa la licenza di pilota nel 1979, gli venne diagnosticato un cancro allo stomaco il 22 dicembre 1979. Gli mancavano solo pochi mesi di vita, questo dissero i dottori. Fu il segreto di McQueen e il costo del suo fumare in maniera cronica. Non se lo perdonò mai e, prima che fosse tardi, si sposò una terza volta con Barbara Minty che gli rimase accanto fino alla morte. Il suo ultimo film fu Il cacciatore di taglie (1980) di Buzz Kulik, poi lasciò la sua dimora hollywoodiana, le 210 motociclette, le 55 macchine e i 5 aerei comprati e si chiuse in una clinica messicana. Morì di due attacchi cardiaci alle 15.45 di un caldo 7 novembre del 1980, accanto all'ultima moglie e all'istruttore di volo e amico Sammy Mason. 24 ore prima gli era stato rimosso chirurgicamente e con successo il tumore allo stomaco. Venne cremato e le sue ceneri vennero sparse sull'Oceano Pacifico.Non riuscì mai a realizzare il sogno di interpretare Rambo (che venne portato sul grande schermo da Sylvester Stallone nel 1982), ma il suo nome entrò nella leggenda. L'istituto di Chino che lo aveva tenuto fra le sbarre, gli dedicò lo Steve McQueen Recreation Center, Vasco Rossi e Sheyl Crow lo menzionarono nelle loro canzoni e lui divenne così il simbolo di una vita spericolata che affascinò e continuerà ad affascinare intere generazioni di giovani "ribelli", diventando "una delle più imitate e meno imitabili stelle di Hollywood". Un interprete rustico, genuino e disincantato che mostrava l'aspetto più affascinante dell'America profonda. Uomini e donne sono stati sedotti da questo primo vero eroe del cinema d'azione, che ha vissuto di corsa come se volesse rifarsi di una giovinezza rubata. Era cool, solitario, impudente, aggressivo, distaccato e uno dei sex symbol più controversi del panorama cinematografico mondiale… rimane un simbolo di lui. Non tanto le moto, ma la mattonella dell'Hollywood Boulevard: l'unica montata al contrario.Morì di due attacchi cardiaci alle 15.45 di un caldo 7 novembre del 1980, accanto all'ultima moglie e all'istruttore di volo e amico Sammy Mason, mormorando i numeri di matricola che lo avevano identificato negli anni del riformatorio.

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